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Definito "pittore di sogni meravigliosi", "profondo e devoto discepolo della forma", o addirittura "il più grande artista che in questo secolo l'Inghilterra abbia avuto", Albert Moore (1841-1893) fu nella Londra degli ultimi decenni dell'Ottocento un autore tanto amato dai collezionisti quanto incompreso dalla critica ufficiale. La sua "colpa", agli occhi dei colleghi della Royal Academy e del pubblico più tradizionalista, l'aver perseguito un solo obiettivo: la "sincera affermazione della bellezza fine a se stessa", un'arte deliberatamente priva di soggetto, di storia, di contenuti morali, maliosa celebrazione di perduti "paradisi estetici". Tra rievocazioni della Grecia classica e suggestioni della grafica giapponese, Moore si dedicò per tutta la vita a immaginare e dipingere un mondo di bellissime figure femminili, statue perfette e senza tempo divenute fanciulle dalla pelle diafana; opere che ancora oggi, grazie alla straordinaria maestria tecnica e alla raffinatissima sensibilità cromatica, risultano limpide, leggere, preziose. Da poco riscoperto dalla critica anglosassone, ma ancora sconosciuto al pubblico italiano, il volume gli rende omaggio attingendo direttamente dalle fonti dell'epoca, ricostruendo percorsi del gusto, dibattiti critici, filosofici, letterari, e indagando le sue più profonde motivazioni artistiche.